COVID CONFORME
ArtFarm Pilastro 2020
L’interpretazione del Gruppo Cromo-Somi
Diretto da Silvano Biondani
Lontano al suono di un flauto si organizza un corteo. Voci che strappano il velo della notte, cercando se stessi. Il volto nascosto in maschere di gesso, i loro calchi bianchi. Si ribellano, sovrappongono foto dei loro ritratti, ostentati, violenti del colore dei sensi. Voglia di vivere come sfida. Le mani artigli di rami. Nel bosco, tra le fronde oscure danzano lanterne come le stelle. La bellezza celata dalle ombre. Più avanti due pittori stanno creando l’immagine di un nuovo essere, una nuova vita. Sembrano preoccupati. Tracciano segni con il pudore di chi conosce il confine tra l’immaginazione e la realtà. Ecco, ad un tratto tutti si raccolgono. E s’incamminano verso di me. In fila avanzano, sincroni, chiamati dai suoni. Li guida una strada di luci terrene. Fredde e severe impongono di mantenere le distanze. Come si sono tenuti distanziati gli esseri umani in questo anno tragico. Non tutti…
Li sto attendendo. Siedo su una panca all’interno di un cubo contenitore, spazio limite. Vicino c’è un nido: una culla dove dorme un libro antico che parla di arte come strumento interpretativo dell’assurdo. A fianco, giunta a me dal deserto, è deposta una pelle di pecora: vestito, giaciglio, capanna. Per terra foglie morte e ceppi di alberi violati. Tutto con il significato che di ciò che non è più, ma resta a nutrire. Lo spazio che occupo è immagine della limitazione dei sani e della segregazione dei contagiati. Potrebbe anche essere una stanza d’ospedale dove chi è fragile viene coperto da un casco di aria pressurizzata, isolato dalla vita in attesa di un miracolo. Vicino a me una musica, vibrante e pulsante. Anch’io respiro attraverso una maschera, un’impronta di legno. Dietro, alla parete, è appeso un autoritratto diviso a metà: da una parte il colore, dall’altra un biancore. Come per ricordarmi chi son stato, chi sono. Cosa sarò.
Respiro… Il respiro è il suono di un’armonica. Mi avvisa che ancora riesco a respirare. Davanti una lampada mi abbaglia. Sono in mostra. Come tanti ammalati in cui si sono decise le sorti nelle stanze delle cure intensive. Non hanno strumenti per sentirsi vivere. Tranne i sogni. Ad assisterli figure senza volto, senza mani, senza corpo. Il cuore sì. Respiro… Uno alla volta, sommessamente, entrano nella stanza, strani visitatori. Forse sono frammenti di ricordi. Respiro… Si avvicina la prima danzatrice. Leva la maschera, deposita il suo ritratto, si accosta. Non parla, ma mi racconta del mondo di là dalla stanza e dal tempo. Mi trasmette la gioia di librare il corpo verso il cielo. Le offro un piccolo pannello nero. Respiro.. .Altri angeli danzanti si affacciano. Mi lasciano una parte di loro come ricordo, ricambio con pannelli neri. Servono per celarsi quando si vuol rimanere soli. Respiro… Ecco, incerti e cauti entrano i maghi della parola. Ora restano muti. Ognuno lascia una cosa di sé, un dono che li rappresenti. Non ho altro che schermi neri per ringraziarli. Respiro…Giungono gli inventori di immagini. Quelli a me più vicini per indole e pensiero visivo. L’ultimo è un creatore di sogni. Respiro… Li osservo tutti, sono seduti sui ceppi, fuori dalla grata della stanza. Mi mostrano le spalle, chini sui miei doni. Li studiano. Ognuno ha di fronte il suo ingannevole specchio. Respiro affannosamente… Intravedo che tutti insieme alzano il proprio ritratto davanti al viso. Si oscurano il volto. Chi osserva da fuori li vede celarsi. Respiro piano… Davanti a me la luce è il sipario del buio.
Respiro sempre più piano. Più piano. Più piano.
Non respiro più.
Di là dovrebbero aver rivoltato i quadri verso il mondo e apparire come immagine mia di loro. Come un ricordo…